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L'intarsio è un arte: consiste nel tagliare e assemblare dei piccoli pezzi di legno (sottili impiallacciature inferiori al millimetro) con varie forme e colori. Tagliati e sagomati in base al disegno da riprodurre, accostati, realizzano mosaici, motivi ornamentali o figure. Il livello qualitativo può essere misurato con vari fattori: raffinatezza del disegno, scelta delle essenze di legno e delicatezza nell'intarsio.
L’origine dell’intarsio Sorrentino risale all’epoca dei monaci Benedettini, che risiedevano nel monastero di S.Agrippino in Sorrento tra il 500 e il 600.
Eseguivano i lavori di intarsio ed intaglio nei loro laboratori, usando legni di produzione locale come il noce, il limone e il legno d'arancio.
Antonino Damora e Luigi Gargiulo sono senz'altro i primi maestri dell'intarsio: grazie a loro, la tarsia (dall'arabo tarsi) diventò una voce importante nell'economia locale dal momento che lavoravano a Sorrento che era un importante centro di villeggiatura, dove ebbero la possibilità di sottoporre la loro arte ad un quantitativo enorme di persone.
Verso il 1845 la loro fama giunse sino alla casa Reale dei Borbone a Napoli, dato che Francesco I di Borbone invitò Antonino Damora e gli fece restaurare tutti i mobili del Palazzo Reale.
Nel frattempo Luigi Gargiulo iniziò a creare bellissimi oggetti per scrivanie intarsiati con mosaici e disegni vari (vedi e clicca a sinistra portalibri estensibile).
Per ottenere le sfumature venivano impiegate tutte le essenze di legno naturali. L'effetto chiaro-scuro a volte è dato dall'impiego di diversi legnami come agrifoglio, arancio, limone, palissandro, castagno, noce, ulivo, fico, quercia, nespolo, mogano, pero, ciliegio (chiamato monomaterico), ma anche dall'accostazione con altri materiali come l'ottone, la madreperla, l'osso, l'osso o la tartaruga (detto polimaterico), oppure dalla colorazione artificiale del legname. Invece l'ossatura (il corpo del mobile) era di solito in ulivo o in noce, più raramente in castagno.
La colorazione si otteneva facendo bollire le essenze (i legni) che venivano usate per la tarsia nelle misture di colore. Nel Settecento per ombreggiare i disegni usavano tre tecniche di colorazione: quella con acidi, che abbandonarono presto, quella con la sabbia rovente e quella a bulino.
Altri tipo di tecnica di colorazione fu usata nel 1850 a Sorrento: utilizzavano l'acquerello o facevano dei ritocchi a bulino o con il pennino a china (o tutte e tre queste tecniche).
La tecnica del pennino a china fu importata nella Terra delle Sirene (Sorrento) per ottenere ombreggiature particolari o disegnare volti e fronde di alberi. Dall'800 ad oggi queste tecniche sono state affinate e il lavoro viene eseguito da più persone: il disegnatore, l'intarsiatore, l'impiallacciatore, il ricacciatore (leggi sotto) e il lucidatore che termina l'opera verniciando con gomma lacca l'oggetto.
Purtroppo col passar del tempo, la tradizionale tecnica della tarsia sorrentina venne sostituita dal metodo della ricacciatura, ovvero l'uso dell'inchiostro di china per sottolineare il disegno, molto usato nella tarsia francese. Infatti gli artigiani Nizzardi che verso il 1840 stavano a Sorrento, usarono questo metodo per far prima e guadagnare di più. Ma questa tecnica venne presto abbandonata a causa dello sbiadirsi nel tempo del tratto nero.
Un altro procedimento lo usarono sempre i Nizzardi nella seconda metà dell'800: modificarono la vecchia tecnica colorando i legni senza fare l'intarsio.
In questo modo si riusciva a soddisfare i clienti che avevano esigenze sempre meno raffinate. La discesa verso il basso è stata poi raggiunta con l'esecuzione dello smalto su legno, dove l'intarsio è limitato solo al contorno del disegno, mentre il resto è ottenuto dipingendo semplicemente ad acquerello il soggetto voluto.
Altri bei lavori furono in seguito eseguiti traforando il massello con il seghetto (vedi foto sinistra).
Fecero poi mosaici in legno (foto a destra), che si ottenevano disponendo in senso verticale i vari legni, i quali, avendo composto in precedenza il disegno geometrico o floreale, si tagliavano a strisce e si applicavano poi sull'ossatura del mobile.
Fecero poi decorazioni ispirandosi ai motivi pompeiani e pagani, mentre in seguito iniziarono ad ispirarsi a scene di vita quotidiana: i costumi napoletani (foto sinistra) rappresentarono il momento più intenso della tarsia sorrentina.
L'intarsio esiste da sempre: in egitto si è ritrovato più di un cofanetto intarsiato in osso e legno appartenente alla I° dinastia.
Verso il 1400 abbaimo la tarsia detta certosina: consisteva in tasselli di essenze di legno intarsiate con figure semplici e stilizzate che venivano inserite in un'asse di massello con incastri tanto perfetti da essere bloccati senza l'uso della colla!
Verso il 500 inventarono la tarsia a toppo: era l'unione di varie bacchette di legno nelle forme geometriche che si vogliono riprodurre: l'estremità di queste bacchette riportano esattamente il disegno di cui si ha bisogno: basta quindi incollare tra loro i legni scegliendo esattamente l'ordine in cui si vuole che appaiano nel decoro e tagliarli in piccoli strati per ottenere sempre il medesimo disegno con la stessa forma e lo stesso spessore: il lavoro così diventa molto più semplice da eseguire.
In seguito si userà lastronare stipi e altri mobili: per le persone di alto rango era di moda il palissandro (vedi elegante pannello intarsiato in alto a destra), altrimenti più semplicemente il tingevano di nero il pero, cioè lo ebanizzavano. In seguito introdussero particolari seghetti che consentirono di ottenere tessere con un taglio molto più precise e complesse.
All'inizio del 600 gli intarsiatori italiani lavorarono in tutta Europa; in particolare un gruppo si stabilì in Germania approfondendo una nuova tecnica: a foro e controforo.
Si possono ottenere svariati intarsi con il medesimo disegno, ma allo stesso tempo con diverse essenze di differenti colori.
Per creare un intarsio secondo questa tecnica, basta prendere vari fogli di impiallacciatura e bloccarli all’interno di due spessori di legno, abbastanza fini da consentire il taglio senza troppa fatica e seguire il disegno prescelto. Una volta terminato il traforo, si ricompone il disegno giocando con le varie essenze e seguendo le venature ed i contrasti di chiaro-scuro.