Quello che diede un grande impulso alla produzione di porcellane in tutti i paesi fu la scoperta del giovane e sfortunato Böttger.
Carlo di Borbone nel 1738 sposa la 14enne Maria Amalia di Sassonia che era la nipote di Augusto il forte, colui che aveva patrocinato la prima fabbrica di porcellana dura europea. Carlo di Borbone volle avviare una produzione che fosse alla pari della famosissima porcellana di Meissen.
Nel 1743 fece avviare i lavori per installare la prima fabbrica poco distante dal suo palazzo, sulla collina di Capodimonte: venne perciò chiamata Real Fabbrica di Porcellana di Capodimonte. Furono addetti alla fabbrica pochi artigiani specializzati: Livio Vittorio Schepers, suo figlio Gaetano Schepers e Giovanni Caselli furono incaricati dell'impasto, lo scultore fiorentino Giuseppe Gricci venne ingaggiato come modellatore, il pittore Giuseppe Della Torre e l'intagliatore Ambrogio Di Giorgio chiudeva l'equipe artistica.
Ovviamente come in tutti gli altri casi, furono necessari vari esperimenti per trovare la formula giusta della porcellana. Fu possibile avviare una produzione considerata bene presto superiore a quella francese quando vicino a Catanzaro fu scoperto un deposito di caolino.
Rimase in attività soltanto sedici anni. Quando nel 1759 Carlo successe a Filippo V come Re di Spagna, lasciò Napoli per la Spagna. Decise di chiudere la più prestigiosa delle sue manifatture reali, quella di Capodimonte appunto, per trapiantarla nella sede del suo nuovo regno, utilizzando le già collaudate maestranze e gli impasti ceramici che tanto avevano contribuito a rendere unica la sua fabbrica della porcellana.
Il trasloco venne organizzato con grande metodo e precisione, imbarcando su tre tartane oltre agli artefici con le loro famiglie, l’intero repertorio delle forme, i colori e tutti i materiali esistenti nei magazzini, per poter ricominciare prontamente a Madrid, nella nuova sede spagnola del Buen Retiro, l’attività interrotta a Capodimonte Il suo progetto, che materialmente venne realizzato con successo, non rispose però alle aspettative del sovrano.
Dopo la chiusura di Capodimonte, Napoli rimase senza una fabbrica di porcellana per circa dodici anni, fin quando Ferdinando (vedi foto a destra), il figlio terzogenito di Carlo di Borbone e di Maria Amalia di Sassonia, raggiunta la maggiore età, decise di rinverdire il successo paterno riaprendo una manifattura dedicata alla lavorazione della porcellana secondo i più moderni criteri organizzativi.
Maria Amalia aveva grandi speranze: avrebbe voluto che il figlio Ferdinando diventasse cardinale e forse anche erede al trono papale: affidò la sua educazione al principe di San Nicandro, un uomo molto rozzo, dai caratteri plebei. La figura del suo precettore influi'molto sul carattere del il principino: Ferdinando era solito frequentare sia in gioventù che in età avanzata i lazzari e gli scugnizzi di Napoli e per questo si guadagnò l'appellativo di Re Lazzarone e Re Nasone.
Comunque Ferdinando successe al trono di suo padre a Napoli come Ferdinando IV, Re di Napoli dal 1759 al 1816, e in seguito col nome di Ferdinando I, Re delle due Sicilie dal 1816 al 1825. Volle avviare una nuova produzione di porcellane, cosa che fece nel 1771 nella Reggia di Portici, e successivamente nel Palazzo Reale di Napoli.
Ferdinando IV dovette però attendere la maggiore età per poter iniziare a prendere delle iniziative autonome sottraendosi al pesante controllo che il padre esercitava dalla Spagna attraverso il suo fidatissimo ministro Bernardo Tanucci che quotidianamente lo informava epistolarmente dei più minuti avvenimenti napoletani.
Tra le prime decisioni autonome di Ferdinando vi fu appunto l'apertura di una nuova fabbrica di porcellana, i cui esperimenti iniziali vennero addirittura condotti in un ufficio in gran segreto all'insaputa del ministro Tanucci proprio per evitare che dalla Spagna giungesse un veto prima che si fossero ottenuti dei risultati.
Soltanto nel 1773 quando si erano già risolti sia i problemi tecnici che quelli diplomatici con Carlo, la nuova fabbrica venne spostata a Napoli e iniziò la sua effettiva produzione.
Nacque così la Real Fabbrica Ferdinandea le cui opere furono contrassegnate da una lettera N coronata, in colore azzurro. Le porcellane Ferdinandee divennero un modello inimitabile per molte fabbriche di quel periodo: tutte cercarono d' ispirarsi sia per le decorazioni e sia per le tecniche di lavorazione a quelle porcellane
Il periodo di maggior splendore fu dal 1780 al 1799, ma nel 1806 Napoli venne conquistata dai Francesi. Le vicissitudini politiche, dipendenti dalle campagne napoleoniche, ancora una volta portarono alla chiusura della seconda fabbrica borbonica appunto nel 1806: infatti questi non avevano alcun interesse a mantenere una produzione in concorrenza con la loro e vendettero le attrezzature ad imprenditori locali, tra cui Giovanni Poulard-Prad.
Le numerose maestranze, grazie alla ferrea formazione professionale che era stata impartita, furono in grado di continuare ad esercitare autonomamente l’antica arte del gran fuoco.Questo permise alla zona di mantenere viva la sua tradizione artistica, fiorente ancora oggi e famosa per i suoi fiori in porcellana.