Qualche notizia sugli antichi vetri di Murano
Il più antico documento che conosciamo di questa realtà ci riporta all'anno 982. Nel medioevo la produzione dei vetri Veneziani fu oscurata dai bizantini e ancor di più dagli islamici. Dai pochi documenti del 1200 che sono arrivati sinoi a noi sappiamo che in quel periodo le prime produzioni in vetro soffiato erano vasi per olii o comunque oggetti di uso familiare comune. Testimoniano inoltre che tutti i vetrai erano concentrati lungo il Rio dei Vetrai a Murano, dove ancora oggi troviamo i più antichi laboratori.
Nel 1400 anche Venezia diventa un centro per la produzione artistica del vetro con bicchieri, coppe e oggetti ornamentali, in particolar modo dopo che la importante produzione islamica venne a mancare anche a causa della caduta di Bisanzio nel 1453.
Ma nel 1400 il centro innovativo di tecniche dimenticate dal medioevo che concentrava tutti i maestri vetrai con le loro botteghe divenne l'isola di Murano: tutto iniziò da un ordinanza della Serenissima attuata nel 1291. Ancora oggi il vetro Veneziano è identificato come vetro di Murano.
A partire dalla metà del 1400 per opera di Angelo Barovier, facente parte di un antichissima famiglia di vetrai Muranesi, si evolsero le tecniche di lavorazione che nei due secoli successivi portarono le creazioni ad altissimi livelli. Forse inventati dallo stesso Barovier, verso il 1470/80 compaiono i primi vetri cosidetti cristallini per la loro purezza: inizialmente li produssero colorati ma alla fine del 1400 divennero in prevalenza trasparenti, simili al cristallo di rocca. Anche i decori divennero sempre più leggeri limitandosi ai bordi o a fasce di puntini smaltati e dorati.
Il segreto del vetro cristallino fu gelosamente custodito dai figli di Barovier e abbiamo importantissimi esemplari al Victoria & Albert Museum (la bottiglia dal lungo collo), al British Museum (la brocca a corpo costolato) e al Museo Civico di Brescia (il vaso con tre beccucci).
I vetri della fine del 1400 erano caratterizatti da una grande quantità di soggetti di vasta gamma cromatica: purtroppo non sono arrivati a noi la maggior parte degli esemplari sia per la delicatezza del vetro e per il difetto della devetrificazione: per la mancanza di una miscela stabilizzante purtroppo è arrivato a noi il corpo intero ma non la superficie smaltata che è sgretolata.
Come testimonianza abbiamo qualche pezzo molto importante come il calice blù nel Museo Civico Medievale di Bologna (con scene della Fuga in Egitto e adorazione dei Magi), la coppa Barovier del Museo Vetrario di Murano o il piatto di tradizione Gotica Internazionale, conservato nel Museo Provinciale d’Arte di Trento.
Ma è il 1500 il secolo di maggior importanza per l'arte vetraia di Murano: grazie al perfezionamento delle tecnice che i maestri vetrai affinarono nel 1400, i vetri soffiati furono sempre più sottili e adatti ad impreziosire le tavole dei ricchi europei.
La Serenissima ebbe a cuore tutte le novità tutelando i maestri vetrai con le registrazioni delle innovazioni, come i nostri brevetti. Ma avevano un limite temporale e alla scadenza diventavano di dominio pubblico in modo che la diffusione potesse essere ispirazione di altre eventuali scoperte.
Oltre al vetro cristallino, in questo periodo un altra scoperta fu il vetro bianco opaco detto vetro lattimo che oltre ad essere decorato a caldo da smalti viene impiegato più spesso in forma di lunghe e sottili canne incorporate in vario modo nel vetro incolore, dando luogo ai vetri filigranati, uno dei più originali tessuti vitrei dei vetrai muranesi rinascimentali.
All’inizio del 1500 si ha un importante produzione di questo vetro “bianco latte”, che imitava le porcellane cinesi. Iniziarono a circolare come doni che i sovrani orientali offrivano ai dogi: inizialmente con semplici decori con motivi araldici o simboli animali mentre verso la metà del 1500 con motivi ornamentali dai vivaci accostamenti cromatici messi da parte solo alla fine del 1500 per la scoperta del vetro calcedonia e del vetro avventurina che portano alla ripresa dell’antica tecnica del millefiori.
Verso il 1534 Vincenzo di Angelo Dal Gallo usa l’incisione a punta di diamante o a pietra focaia: tracciavano in precedenza un disegno e graffiavano leggermente la superficie con motivi animali e floreali e a volte lo decoravano ulteriormente in oro o a freddo. Sempre nel 1500, citato per la prima volta nel 1570 nelle carte muranesi, un altro vetro tipico era il vetro ghiaccio: molto solido, con la superficie in apparenza screpolata, traslucida ma non trasparente che si diffuse ben presto anche in Europa.
Verso la fine del 1500 ecco anche i vetri decorati a penne: ottenuti con il procedimento della tecnica dell’avvolgimento di fili di lattimo pettinati a festoni con un utensile particolare.
Oltre al cristallo, dopo che il segreto della sua composizione era stato reso pubblico, il vetro più diffuso a Venezia in quel periodo è il vetro a filigrana, detto a reticelle perchè appunto decorato con filetti bianchi disposti in modo da formare fasce o reticelle o ancora una tecnica inventata dai fratelli Serena: il vetro a retortoli, formato da ornamenti ricavati dagli avanzi di più fili intrecciati tra loro a formare un vero e proprio ricamo.
Diciamo che nella fine del 1600 nonostante non manchino artisti di grande spessore si avvertono nella produzione vetraria muranese e quindi veneziana i primi segni di decadenza dell’arte del vetro. La causa, oltre alla fuga dei grandi maestri all’estero fu soprattutto la concorrenza imbattibile del vetro di Boemia, sempre più forte sui mercati europei a partire dal 1670/80: era più pulito e più spesso del vetro veneziano e si prestava inoltre molto più facilmente ad una lavorazione ad intaglio e ad incisione più profonda praticata non più con la punta di diamante ma con una rotella.
Comunque Murano fu un modello e un punto di riferimento significativo nella storia del vetro.