Il barone Giuseppe Manno fu un personaggio di spicco del panorama culturale dell'800.
Nasce ad Alghero il 17 marzo 1786 e muore a Torino il 17 gennaio 1868. Figlio di Antonio e di Caterina Diaz, famiglia di origini nobili. Il padre ufficiale di marina aveva partecipato ai moti angioini.
Giuseppe Manno fece i primi studi nella città natale sotto la guida dell’abate Massala: a Torino diventa segretario privato di Carlo Felice ed entra nell'amministrazione pubblica. Essendo conoscitore del Diritto della sua patria diventa consulente di Prospero Balbo per la riforma della proprietà privata in Sardegna e per la stesura di un compendio di leggi civili e penali.
In seguito si recò a Cagliari dove si forma ed inizia a frequentare la corte sabauda in esilio a causa dell'occupazione napoleonica del Piemonte. A Cagliari per studierà nel Collegio dei nobili. Laureatosi in diritto canonico e civile entrò nel ministero pubblico presso il magistrato della Reale Udienza (nei cui archivi potè scoprire numerosissime notizie storiche riguardanti la Sardegna), per poi divenire, nel 1805, sostituto dell’avvocato fiscale presso la Reale Udienza e, nel 1809, sostituto dell’avvocato fiscale patrimoniale.
Nel 1811 collaborò al “Foglio periodico di Sardegna”, giornale filo-inglese che si stampava a Cagliari finchè non se ne dimise, indignato per la falsità delle notizie pubblicate. Godette in quegli anni dell’amicizia di Stefano Manca di Villahermosa e del duca del Genovese, di cui fu anche segretario privato.
Al seguito del vicerè Carlo Felice, potè visitare tutta l’Italia. Fu segretario per gli Affari di Sardegna nel 1817, ministro per gli Affari interni per la Sardegna nel 1821, Consigliere della Corona e Consigliere nel Supremo Consiglio di Sardegna nel 1823.
Sotto Carlo Alberto gli fu assegnato l’incarico di precettore di storia dei duchi di Savoia e Genova e gli fu conferito il titolo di barone. Nel 1836 fu reggente di Toga del Consiglio Supremo di Sardegna, di cui divenne presidente nel 1844.
Scrive la Storia di Sardegna nel 1842 oltre a dedicarsi ad altri temi letterari e linguistici: lo nominano Membro dell'Accademia della Crusca con Della fortuna delle parole scritto nel 1831. Diventa verso il 1847/8 vicepresidente del Senato e dal 1849 al 1855 Presidente: conservatore, è contrario al matrimonio civile e al trasferimento della capitale a Firenze.
Nel 1847 lo troviamo presidente del Senato piemontese, nel 1848 rifiutò il ministero degli esteri e nel 1855 la presidenza del Consiglio. Dal 1855 al ‘65 fu primo presidente alla Corte di Cassazione: dal 1849 al ‘64 presidente del Senato, ministro di Stato dal 1860. Inaspettatamente fu congedato nel 1867, morì a Torino l’anno successivo.